SINNER: UN RAGAZZO BUONO CHE COMMUOVE E DISARMA
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Cari Amici e Nemici normoragionanti,
probabilmente la partita più difficile per Jannik Sinner è appena cominciata, cioè gestire questa ondata di celebrità che ha appena cominciato ad investirlo, dopo la vittoria alla grande della coppa che si è guadagnato all’Australian Open, uno dei tornei di tennis più importanti della stagione. E ci sarà la passerella: subito l’incontro con le Istituzioni, poi i giornalisti, la gente e infine la decisione da prendere sulla partecipazione al Festival di Sanremo come ospite. Una girandola di appuntamenti di cui Sinner preferirebbe certamente fare a meno, come ha lasciato capire. Vuole solo giocare a tennis.
Seguendo questo ragazzo altoatesino di 22 anni, mezza Italia si è scoperta improvvisamente appassionata di tennis. Non è una novità: le imprese sportive, in sport individuali o di squadra poco importa, generano sempre un grosso coinvolgimento popolare, scattano sia l’orgoglio nazionale sia una sorta di immedesimazione con l’eroe sportivo. E infatti c’è da scommettere che da questa vittoria di Sinner, e per le prossime settimane, torneranno a calcare un campo da tennis tanti che se l’erano quasi dimenticato, e aumenteranno quanti chiedono di iscriversi a un corso per imparare a giocare.
La forza di Jannik Sinner non sta soltanto nel suo talento, nel suo lavoro per migliorarsi, nella capacità di sacrificio, in una straordinaria forza mentale che gli permette di gestire gli alti e bassi di una gara in modo lucido; sta anche in una semplicità di fronte alla realtà che è disarmante, ne fa quasi un anti-personaggio. Non è la personalità esuberante di un Valentino Rossi o di un Alberto Tomba, che trascinano il pubblico; Sinner è piuttosto l’immagine di un ragazzo buono che commuove e disarma.
Ne è stato un esempio il breve discorso che ha tenuto sul campo subito dopo la vittoria contro Medvedev. Se i complimenti al suo degno avversario erano in qualche modo scontati, non lo è stato augurargli anche di vincere uno dei prossimi Australian Open, che vuol dire una sua personale disponibilità a perderlo.
E poi il discorso sulla famiglia, il ringraziamento ai genitori: «Vorrei – ha detto - che tutti avessero dei genitori come quelli che ho avuto io, mi hanno permesso di scegliere quello che volevo, anche da giovane. Non mi hanno mai messo sotto pressione. Auguro a tutti i bambini di avere la libertà che ho avuto io».
È la testimonianza di un bene che per sua natura desidera comunicarsi a tutti. E per lui sicuramente la sua famiglia è diventata anche il modello con cui costruire le relazioni anche nello sport. Ha voluto ricreare il clima familiare anche con il suo team, di cui infatti parla sempre come una famiglia, che lo tiene sereno: l’allenatore, il preparatore atletico, il nutrizionista, il fisioterapista, e così via fino a chi cura il rapporto con gli sponsor. Una squadra multinazionale con tante competenze, che deve gestire e da cui a sua volta è gestito, perché a questo livello inevitabilmente un atleta diventa un’azienda. E nel caso di Sinner si può ben dire che si tratta di un’azienda familiare.
La semplicità poi gli ha fatto anche fare un’affermazione che sfida i luoghi comuni imposti dal pensiero unico sul clima: al calduccio di Melbourne ha pensato ai suoi genitori, che nel loro paese in Alto Adige stanno a -20 gradi, e ha concluso che è molto meglio stare al caldo. Dichiarazione che in altri tempi sarebbe stata perfino banale. Ma oggi, immersi nella tronfia propaganda climatista, suona addirittura come rivoluzionaria, irresponsabile. Invece è la semplicità di chi riconosce la realtà per quello che è, sia che si tratti del bene che la famiglia rappresenta, sia che si tratti dell’ambiente che ci circonda.
Ora la sfida è mantenere questa semplicità e questa serietà. Ci sono campioni che arrivati presto al successo si scoprono incapaci di gestirlo e si perdono. Sinner sembra di un’altra pasta e c’è quindi da augurargli un futuro all’altezza delle premesse.
In ogni caso ora, oltre alle visite istituzionali di rito, c’è subito - come dicevo all'inizio - una decisione importante da prendere: il Festival di Sanremo. Lui, nella sua semplicità, ha detto che non ha alcuna voglia di andarci ma le pressioni sono tante e non è detto che non debba capitolare, magari per rispettare qualche contratto. Io però tifo perché resista e non ci vada. Non ne ha bisogno per la sua popolarità. Anzi, come direbbe il maestro, si nota di più se non ci va.
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