EDUCARE L'UMANO E NON SOLO LA MENTE
- Pascal
- 9 nov
- Tempo di lettura: 3 min

Cari Amici e Nemici normo-ragionanti,
nelle nostre scuole si parla di competenze, risultati, merito. Si contano i voti, si calcolano i rendimenti, si allestiscono test e classifiche. Ma chi misura la crescita dell’anima? Chi domanda se, dentro queste aule, si impara davvero a vivere, a scegliere, ad amare? L’educazione non è un algoritmo: è un’arte fragile, fatta di sguardi, errori, ascolto. Non serve solo a riempire la mente, ma a mettere in moto l’umano. A volte, questo mio modo d’insegnare, non lo nascondo, mi crea dei problemi, soprattutto tra quei Studenti e Studentesse che sono imbevuti di teorie tramessa da Genitori ideologizzati...
Ogni vera educazione nasce da un atto di fiducia. È credere che in ogni ragazzo/a ci sia un seme di infinito, anche quando sembra spento. Non si tratta di “insegnare” ma di accendere. Mi torna alla mente quanto Lorenzo Milani scriveva: «Non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali fra disuguali». Penso che era un suo modo per dire che l’uguaglianza non si ottiene appiattendo, ma accompagnando ciascuno nella propria unicità. Per Milani, la sua impostazione (anche se la condivido in parte) era quella di non bocciare non per bontà, ma per giustizia: perché il fallimento di uno era la sconfitta di tutti. Ogni ragazzo, per Lui, era una parola da restituire al mondo.
Ma l’educazione non è solo giustizia, è anche rischio. «La prima preoccupazione di una vera educazione è educare il cuore dell’uomo così come Dio l’ha fatto» scriveva Luigi Giussani. Il cuore è il centro, la sorgente del desiderio, il luogo dove nasce la sete di verità. Se la scuola parla solo alla testa, spegne quella sete e lascia crescere uomini efficienti ma vuoti. Educare, allora, significa introdurre alla realtà totale, dove anche il dubbio, la fragilità e la domanda diventano materia viva di apprendimento. E’ l’etica come realizzazione integrale della persona, indipendentemente da quello che si crede più o meno.
Eppure, troppo spesso, la scuola sembra dimenticare che la vita non è una competenza. L’intelligenza, senza pietà, senza spiritualità, genera potere; ma il sapere che non tocca il cuore diventa sterile. L’educazione autentica non separa sapere e vita, ragione e affezione, spirito e cuore. È una forma di giustizia che restituisce dignità, ed è anche una forma di fede - quella di chi crede che l’altro possa cambiare, possa migliorare, possa ri-prendersi in mano.
Forse è questo che manca oggi nel mondo della scuola: senza adulti innamorati della verità, della spiritualità, della pietas antica, la scuola diventa un deserto dove si sopravvive per abitudine. L’educatore, invece, è colui che rischia sé stesso davanti all’altro, che si lascia ferire, che non ha paura di dire “non so”, ma continua a cercare insieme. È questa la fragilità che salva: insegnare a essere vivi, non perfetti, non ideologizzati...
Ho citato Milani che insegnava ai suoi ragazzi che la parola è potere solo se diventa strumento di libertà; ho citato Giussani che ricordava che la libertà è tale solo se orientata alla verità; rispondo: la verità, se non è amata, non cambia nessuno. È un unico respiro, una stessa visione: la scuola è il luogo in cui si impara a essere umani. E come vorrei che nella scuola ci siano Docenti che non facciano da mamma o papà, ma siano educatori di speranza. Solo educatori e basta!
Tornare all’umano, quindi, prima che al programma: ecco la sfida. Perché ogni lezione che non tocca il cuore, ogni voto che non genera speranza, ogni aula che non educa alla vita, è una sconfitta civile e spirituale. Ma finché ci saranno Docenti che guardano un ragazzo/a come una promessa e non un problema, la scuola potrà ancora essere il laboratorio dell’umano, dove non si impara solo a sapere, ma a diventare uomini. Uomini e donne di speranza, di spiritualità, di pietas.





















L' educazione che nasce da un atto di fiducia è semplicemente Stupendo!