E SE GERUSALEMME CADESSE?
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Cari Amici e Nemici,
assistendo a questa guerra in Medio Oriente, nella stupidità di alcune dichiarazioni politiche di certa corrente di sinistra (v. Boldrini e Elly Schlein - alias Nelly Kelly), mi pongo questa domanda: che cosa accadrà se l’Islam vince, se Gerusalemme cade? Questa domanda la evitano accuratamente quelli che in maniera aperta o tacita tifano per la sconfitta di Israele, ma se l’è posta, con grande lucidità, il direttore di “Libero” Mario Sechi, in un articolo, apparso 13 ottobre sul suo quotidiano.
Sechi risponde a questo inquietante interrogativo, seguendo una logica che definisce imperfetta, ma razionale. Ecco il suo ragionamento, che seguo quasi testualmente. Gerusalemme, dopo mesi di guerra cade in mano ai conquistatori di una coalizione arabo-persiana. Le fortificazioni cadono, il predominio della massa vince sulla superiorità delle armi, gli ebrei vengono sopraffatti, chi sopravvive al massacro cerca la fuga, qualcuno prova a resistere, ma il numero prevale sulla volontà. I superstiti sono rinchiusi in campi di prigionia, le cancellerie occidentali ottengono dai nuovi padroni di Gerusalemme un ponte per l’evacuazione del popolo di Israele verso gli Stati Uniti, ultimo bastione ancora difendibile dell’Occidente. Gerusalemme è in mano all’Islam.
“L’America vittoriosa nel 1945 – continua Mario Sechi – arretra fino a uscire dallo spazio del Mediterraneo orientale presidiato da sommergibili atomici russi, gli americani sono asserragliati nella fortificazione marittima dell’Atlantico e del Pacifico; la Russia sconfitta nel 1991, un paese in macerie trent’anni fa, dopo aver chiuso la campagna in Ucraina con una vittoria nel negoziato, assicurandosi il Donbass e allargando il territorio a nord della Crimea, avanza nel vicino Oriente e in Africa con i carri armati e i cacciabombardieri Sukhoi, svolgendo il ruolo di fornitore dell’arsenale e officina militare dei Brics; l’India e la Cina approvano alle Nazioni Unite il nuovo assetto in Medio Oriente e nell’Est Europa, mentre Vladimir Putin riceve Kim Jong-un, che ha testato con successo una bomba atomica miniaturizzata; il presidente dell’Iran, dopo aver inviato la “Brigata Santa Qassem Soleimani” a Gerusalemme, comincia un tour che tocca Ankar, Mosca, Pechino e Nuova Delhi”.
L’effetto domino modifica gli equilibri planetari. “Cina e India fanno pressioni sui G20 per rovesciare gli accordi della conferenza monetaria di Bretton Woods del 1944, basta con l’egemonia del dollaro; l’Arabia Saudita e i paesi dell’Opec, d’accordo con il Cremlino tagliano la produzione di petrolio, mentre la transizione green dell’Unione Europea innesca un vasto fronte di proteste popolari; la Cina 3.0 autarchica e neo-maoista di Xi Jinping diventa una piattaforma finanziaria e logistica delle operazioni di colonizzazione del “resto del mondo”; la Turchia svolge il ruolo di potenza neo-ottomana, ponte aperto alla penetrazione islamica in Europa, la conquista di Vienna finalmente realizzata; l’Italia esposta alla tempesta scatenata dai trafficanti di esseri umani, punto di primo sbarco in Europa di masse di migranti infiltrati da cellule dormienti del movimento jihadista, cerca di respingere l’assalto chiamato dai predicatori di morte del califfato: la caduta di Roma capitale del cristianesimo”.
Qui finisce il quadro tracciato da Mario Sechi, che sembra lo scenario di un film, ma che in realtà si compone come un mosaico, se si guarda la mappa geografica, e si immaginano le concatenazioni degli eventi. Un incubo notturno, oppure un destino possibile, in mezzo a tante varianti, che prevedono, da una parte o dall’altra, l’uso di bombe nucleari e l’accendersi di immensi roghi, con un mondo che viene consumato da un diluvio di fuoco? Sono questi i pensieri che mi vengono in mente, mentre lo scorso 13 ottobre è stato l’anniversario dell’ultima apparizione di Fatima, quella che vide il miracolo del Sole roteare sulla folla riunita nella Cova da Iria, lasciando quasi un ultimo messaggio all’umanità incredula e impenitente.
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