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HO TIFATO CROAZIA... ALTRO CHE il RONALDO DAY!


Lo ammetto: da romanista e soprattutto per amor di Patria, non ho avuto nessun motivo valido per seguire il Campionato Mondiale 2018. Non giocando l'Italia ho solo reputato patetico e inutile tifare per squadre che non mi appartengono... E poi mentre vedevo la finale, mi venivano in mente i miei Campioni che, ormai da qualche settimana e che da ben un lustro ho coordinato e questo per me, se da una parte è gioia perché possono prendere il largo nel mare della vita, dall'altra parte è dolore perché non sono più qui con me. Grazie Ragazzi!


Tornando ai Mondiali, però, come dicevo, un po di curiosità l'ho avuta e questa verso la Croazia. Sì! In barba agli ipocriti francesi, io alla finale ho tifato Croazia e mi sono messo a vedere la partita del 15 luglio mentre gli amici facevano lo struscio in Galleria a Milano. Mi ha incuriosito Luka Modric, con la sua determinazione e agilità nel tenere il pallone. Ad ogni modo, anche se arrivati secondi, per me il Mondiale l'hanno vinto loro gli Illirici conquistati da Roma tra il II e il I secolo a.C. Vedendo poi i festeggiamenti, più che meritati, a Zagabria, ho rivissuto le ore che ho passato in quella città meravigliosa con la sua stupenda cattedrale che conserva il corpo di Alojzije Viktor Stepinac, un grande della storia croata, perseguitato dal regime comunista jugoslavo.


Ho cercato di fare una piccola ricerca su questo giocatore, Luka Modric, che mi ha colpito per le ragioni che scrivevo sopra. Ho scoperto che il nonno fu ucciso durante il conflitto serbo e lui con i genitori dovette conoscere l'esperienza dei profughi croati. Storia di un campione gracile che ha conosciuto l'umiliazione e il dolore della guerra senza mai smettere un attimo di confidare in Dio. Al quale sicuro, oggi, dice grazie per aver portato la squadra al "secondo" posto dei Mondiali 2018.


Quella mattina il nonno paterno, anche lui di nome Luka, uscì di casa, come faceva tutte le mattine, a pascolare il gregge nelle campagne di Zaton Obrovački, a circa quaranta chilometri da Zara.

Spesso anche il piccolo Luka, sei anni, andava con il nonno al pascolo.


Nonno Luka, abituato ad affrontare senza paura ogni tipo di intemperia che caratterizzava quella zona dell’entroterra dalmata ai piedi del monte Velebit dal clima aspro, neppure quella mattina badò al fatto che in quei giorni le truppe dell’autoproclamata Repubblica Serba di Krajina, che già occupavano il capoluogo Obrovac, si stessero pericolosamente avvicinando al suo villaggio. Un’imprudenza che gli costò la vita, lo trovarono morto ad alcune centinaia di metri da casa, crivellato di colpi di arma da fuoco.

Senza indugi papà Stipe e mamma Radojka, una volta seppellito il nonno, presero il piccolo Luka e tutti insieme abbandonarono il villaggio senza prendere quasi nulla con sé e si rifugiarono a Zara. Fecero appena in tempo, pochi giorni dopo il loro villaggio fu occupato dai serbi e la loro casa bruciata.


La vita a Zara non era semplice, nei primi anni della guerra la città era un'enclave croata circondata dai serbi che occupavano tutto l'entroterra e parte della costa attorno alla città da dove la bombardavano giorno e notte.


In un primo tempo a Zara la famiglia Modric fu alloggiata, insieme a molti altri profughi, presso l'Hotel Iž. Papà Stipe, dopo avere trovato lavoro presso l’esercito, decise di dare al figlio la possibilità di praticare un'attività sportiva per distrarlo dalle sofferenze della guerra, e dato che l'albergo si trovava nei pressi dello stadio della locale società di calcio, l'NK Zadar, Luka fu iscritto alla scuola di calcio di quella società.


Di quegli anni Luka ricorda il generale scetticismo degli addetti ai lavori nei suoi confronti: fece un provino presso lo Hajduk nel 1995, ma non fu accettato, maggiore fortuna ebbe invece anni dopo presso la Dinamo di Zagabria, che fu il club che lo lanciò nel panorama calcistico internazionale.


Di corporatura esile, piccolo di statura, tutte le porte erano chiuse. Nella conferenza stampa a Mosca che ha preceduto la finale mondiale, Luka ha spiegato qual è il segreto del suo successo nel calcio: «Non ho mai dubitato di me stesso, ho sempre creduto di arrivare qui dove sono oggi, e grazie a Dio tutto questo si è realizzato». Le porte chiuse che ha trovato a motivo del suo fisico esile, aggiunge, «hanno rappresentato per me un'ulteriore motivazione, così da dimostrare che non devi essere grande e grosso per giocare a calcio».


Modric che prima di giocare contro la Francia, la partita più importante della sua vita viene considerato un autorevole candidato alla vittoria del Pallone d’oro 2018, premio calcistico annuale destinato al migliore giocatore del mondo. A una precisa domanda in questo senso di un giornalista, Luka ha risposto di non pensare a questo premio, e di essere concentrato esclusivamente sulla Nazionale affinché, «se Dio lo vorrà, vinciamo questo Campionato del mondo».


La chiave della straordinaria cavalcata della nazionale di calcio croata fino alla finale del Campionato del Mondo sta quindi non solo nell’indubbio talento calcistico di molti suoi giocatori, non per nulla accasati presso i migliori club calcistici europei, bensì anche e soprattutto nella grande fiducia nei propri mezzi, nella capacità di non arrendersi di fronte alle difficoltà, le quali non sono state un ostacolo insormontabile al conseguimento dei propri obiettivi, ma hanno rappresentato uno slancio che ha permesso loro di spingersi ancora più in alto, cosa della quale devono essere grati al loro attuale CT Zlatko Dalic, altro grande personaggio che non ha bisogno di consensi per esprimere la sua grandezza...


Anche se non tutti hanno dovuto affrontare il destino di profughi, come è accaduto a Luka Modric o a Dejan Lovren, difensore centrale della Nazionale, fuggito con i genitori da Zenica, nella Bosnia-Erzegovina a maggioranza musulmana, o al tennista Ivan Ljubicic, giunto alcuni anni fa fino al terzo posto del ranking mondiale dell’ATP e fuggito da bambino da Banja Luka, nella Republika Srpska, la guerra di aggressione subita dalla Croazia nei primi anni novanta ha segnato la loro vita.

Tuttavia, grazie alla fede in Dio e alla forza che viene da questa fede, hanno saputo fare di queste sofferenze il punto di partenza di una nuova vita. E non solo il CT Dalic, bensì anche i giocatori della Nazionale non hanno dimenticato l’aiuto del Tutto: non c’è quasi stato giocatore che nelle interviste successive alle partite di questo Mondiale non abbia ringraziato «il buon Dio» per i risultati ottenuti, segno di affidamento al Trascendente nello svolgimento della loro attività sportiva.


E’ poi importante osservare come da Luka Modric, cattolico praticante, e vittima da bambino dell’odio dei serbi, non sia mai uscita una sola parola di odio nei confronti dei serbi medesimi, segno che in lui l’amore per la Patria e per il proprio popolo non deborda mai in atteggiamenti di odio nei confronti degli altri, neppure verso i nemici che hanno ucciso un suo caro e bruciato la sua casa, sebbene da questi ultimi, pur con lodevoli eccezioni, continuino ad arrivare anche in questi giorni segnali preoccupanti, segno che l’odio verso i croati, in molti cuori, è più che mai vivo.


Ma i riflettori del gossip sono più portati altrove, nella futilità e nell'esoso spreco! Viene in mente il grande Ambrogio là dove dice: "Stai attento a te stesso. Stai forte per non cadere, corri in modo da guadagnare il premio, gareggia così da resistere sino alla fine, perché la corona è dovuta soltanto a un combattimento regolare. Tu sei un soldato: spia con attenzione il nemico, perché di notte non strisci fino a te; sei un atleta: sta più vicino all'avversario con le mani che con il volto, perché non colpisca il tuo occhio. Lo sguardo sia libero, astuto l'incedere per stendere a terra l'avversario quando ti si precipita contro per serrarlo tra le braccia quando si ritrae, per evitare le ferite con la vigilanza dello sguardo, per impedirle assalendolo con decisione. Se poi sarai ferito, bada alla tua salute, corri dal Medico, cerca il rimedio della penitenza. Bada a te stesso, perché hai una carne pronta a cadere. Venga a visitarti, medico buono dello spirito, la parola divina, sparga su di te gli insegnamenti del Signore come rimedi salutari. Bada a te stesso, perché le parole nascoste nel tuo cuore non siano inique; serpeggiano infatti come veleno e causano contagi mortali. Bada a te stesso, per non dimenticare Chi ti ha creato e non pronunciare inutilmente il suo Nome!". (Ambrogio, Esamerone 6,50). Può accadere, quindi, che nella lotta si venga feriti, ma questo non deve diventare motivo di abbattimento. Grazie Luka! Grazie Ragazzi!

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