A VASTO ABBIAMO PERSO TUTTI!
- Pascal
- 4 feb 2017
- Tempo di lettura: 3 min

Facciamo chiarezza! La vita non è una partita di calcio.
In una gara sportiva c’è sempre uno che vince e uno che perde, oppure si chiude con un pareggio e nessuno vince e nessuno perde. Nella vita no. Ci sono delle vicende in questo mondo in cui perdono tutti. Non è uno slogan, non è facile retorica. Alcune considerazioni...
Sette mesi fa a Vasto, che conosco bene e ho molti amici per ragioni che qui non sto a dire in quanto tutte personali e affettive, un ragazzo di vent’anni, Italo, commette un gesto folle che si trasforma in tragedia: investendo una giovane donna, Roberta, e la uccide. Sette mesi dopo, Fabio, il marito ora vedovo di Roberta, nella convinzione che probabilmente l’uccisore di sua moglie avrebbe ricevuto una condanna troppo lieve o forse addirittura una pena alternativa, aspetta Italo all’uscita da un locale pubblico, (zona 167 che conosco bene) gli spara, e poi va a depositare l’arma sulla tomba di Roberta, quasi un ultimo gesto d’amore.
Cos’era successo in questi sette mesi? I vastesi si sono subito divisi in due visioni contrastanti: c’è chi appoggia Fabio, secondo la quale Italo se ne infischiava di ciò che aveva fatto, che aveva ripreso normalmente la propria vita senza mostrare il rimorso e il dolore che ci si aspetterebbe, e che una magistratura incurante avrebbe lasciato in libertà. Dall’altra parte c’è la famiglia di Italo e i suoi sostenitori, i quali affermano invece che il ragazzo ha sì compiuto un gesto terribile, ma che lo sta pagando già, anche se non col carcere; parlano di un ragazzo annientato dal rimorso, schiacciato dalla pubblica condanna che si esprime in quotidiani insulti sul web e nelle strade, che ha perso amici, lavoro e futuro. Ma comprensibilmente a Fabio questo non basta: dice, e scrive sui manifesti che tappezzano Vasto, che anche ammesso che la vita di Italo sia diventata insopportabile, lui comunque una vita ce l’ha; la sua Roberta invece no…
Probabilmente la verità non sta nel mezzo (come si è abituati a dire), ma nel frattempo passano i mesi, le posizioni fra i partigiani dell’uno e dell’altro si inaspriscono e la vita diventa un inferno per entrambi. L’epilogo lo abbiamo già detto.
Ecco cosa vuol dire che alla fine perdono tutti. Fabio ha perso la sua Roberta; le loro famiglie hanno perso lei che è morta in strada e lui che finirà in prigione; la famiglia di Italo ha prima vissuto la tragedia di ciò che aveva commesso il ragazzo, e ora piangono anche lui morto. Ci perdono, e tanto , i vastesi che li aizzavano l'uno contro l’altro, moltiplicando all’infinito il risentimento e il dolore scaturiti da questa tragedia.
Ci perde la Chiesa, i cui Pastori preferiscono additare le responsabilità delle istituzioni terrene, cosa che ormai attira facilmente l’applauso, piuttosto che andare contro corrente, richiamando tutti, senza ovviamente porli sullo stesso piano, alle virtù e ai valori etici e morali: il colpevole al pentimento sincero e non di facciata, che comporta una pronta riparazione, e la parte offesa a contemperare il legittimo desiderio di giustizia con una, non facile, ma indispensabile, dose di compassione.
Ci perde la società che sempre più sembra tornata al crudele mondo pre-cristiano, che si indigna e al contempo segretamente si eccita alla vista del sangue.
Da questa storia terribile tutti in qualche modo volevano uscire vincitori, e alla fine tutti ne escono distrutti. L’unico modo per non finire in questo gorgo è perseguire la giustizia terrena, consapevoli del suo e del nostro limite, e contemporaneamente lasciare sempre l’ultima alla giustizia del Dio, la sola infallibile.
"Io lo so che il mio Vendicatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non più da straniero" (Gb 19,25-27).
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