IL CORAGGIO DI RI-COSTRUIRE DALLE NOSTRE MACERIE
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L'estate scorsa ero a Norcia e vedere quella piazza e quella basilica in televisione distrutte è drammatico e ti lascia senza fiato. Non ha sbagliato Georges Bernanos quando ha detto:“Chi cerca la verità dell'uomo deve farsi padrone del suo dolore". E' soprattutto la sofferenza che rivela la nostra vera realtà, che manifesta il nostro limite di creature caduche, che fa scoprire quell'impotenza e quella solitudine insita nel cuore.
Sconcertato e allibito seguo senza parole i servizi televisivi concitati, le interviste ai sindaci disperati per la sorte dei propri paesi, le immagini della gente in fuga e in lacrime e le desolanti macerie... Fa particolarmente impressione il fatto che i crolli più estesi riguardino soprattutto le chiese, e si sa che questo dipende da ragioni architettoniche e da inevitabile carenza di manutenzione, per ovvi motivi visto che, specie nel centro sud, ci sono tante chiese e pochi soldi.
Ma tra le immagini viste ce n’è una, mi pare, che, oltre al naturale dolore, non può non provocare anche una profonda riflessione. Mi riferisco ovviamente al pressoché totale crollo della basilica di san Benedetto a Norcia.
Mi è stato insegnato a leggere gli eventi sempre in una duplice ottica, come fatto e come segno. Dunque, senza alcuna facile strumentalizzazione che sarebbe indiscutibilmente fuori luogo in simili circostanze, non riesco però a non vedere la forza tragicamente simbolica ed evocativa di questa immagine.
Benedetto da Norcia, i suoi monaci, la rete dei monasteri che seguivano la sua regola, sono stati idealmente e fattualmente le fondamenta su cui poco meno di duemila anni fa si è edificata la civiltà europea, l’Europa greco-romano-cristiana: la basilica che porta il suo nome, nella sua città natale, non può non assurgere a simbolo della storia, del valore stesso di questa nostra civiltà, e il suo crollo appare anche troppo facilmente il simbolo, appunto il ‘segno’ in senso trascendente, del progressivo disfacimento di essa.
È l’Europa della cultura classica e dei valori cristiani che va in pezzi, e non da oggi, e neanche da ieri: da almeno cinque secoli si è attuato un processo disgregativo della civiltà europea, e quindi occidentale, che si è attuato attraverso le grandi tappe rivoluzionarie della storia del nostro continente; e la prima tappa di questo processo, la prima ferita devastante e mai più rimarginata inflitta all’unità del vecchio continente, la rivoluzione che è stata poi madre in certo modo di tutte le seguenti, è la scellerata rivolta protestante.
Dunque a simbolo si aggiunge altro simbolo: 30 ottobre 2016, il crollo della basilica di san Benedetto a Norcia, icona del nostro mondo; 31 ottobre 2016, il mondo protestante dà l’avvio alle ‘celebrazioni’ del cinquecentesimo anniversario della nefasta e velenosa scintilla che ha generato quella rivolta che è stata di fatto l’inizio della fine dell’Europa costruita dai benedettini, fondendo insieme la cultura classica e la verità e l’unità del cattolicesimo.
Il ‘segno’ è potente e drammatico. Ma nelle immagini televisive che drammaticamente venivano proposte e imposte c’è anche un altro segno, un segno che dona la speranza e ci indica la strada.
Sulla piazza antistante la basilica, rivolti verso la facciata semidistrutta e schiacciata dalle macerie, un gruppo di persone erano in ginocchio, mentre altre persone correvano a prestare aiuto e conforto alla gente smarrita che via via si radunava in piazza: proprio così, con la sapienza e l’energia dell’ora et labora benedettino è nata l’Europa di 1600 anni fa, e allo stesso modo solo in questo modo potrà rinascere l’Europa di domani dalle nostre macerie umane e materiali.