UN SALUTO E UN GRAZIE APERTO A "PAPA" FRANCESCO
- Pascal
- 5 ore fa
- Tempo di lettura: 8 min

“Papa Francesco”,
desidero chiarire, prima di tutto, che quanto segue è una riflessione paradossale. I motivi di “ringraziamento” che elencherò non nascono dal consenso, ma dalla reazione attenta ai fatti. Me lo permetta: si tratta di un modo – forse inconsueto, ma sincero – per testimoniare quanto certi Suoi atti abbiano rafforzato la mia fede proprio perché in contrasto con essa.
Quando mi è venuto in mente di scrivere queste righe, ero sul punto di desistere, non vedendo motivi per i quali rendere grazie, poiché il Suo regno, a mio avviso, si è mostrato inadeguato alle reali problematiche che la Chiesa si trova ad affrontare. Non vorrei essere irriguardoso nei confronti di uno che è deceduto da poco tempo, ma, in nome di quella parresia da Lei stesso invocata in tante circostanze, mi permetta di dirLe, con franchezza e che, credo, Lei preferisca rispetto agli adulatori di corte o ai fans fanatici, che questa crisi Lei l’ha fomentata, lasciando, oggi, la Sposa di Cristo, la Chiesa, in una condizione forse peggiore rispetto a quella che Lei trovò nel 2013, al termine dell’improvviso arresto del pontificato di papa Benedetto XVI.
Nel riflettere, poi, con più serenità, mi sono detto che dei motivi di ringraziamento, sia pur inutili, vi erano, pur ricordando del detto, attribuito a uno dei sette saggi della Grecia antica, Chilone di Sparta, secondo cui De mortuis nil nisi bonum dicendum est (dei morti non si parli male). In effetti, non farei torto a un defunto ragionando dei motivi per i quali La ringrazio. Memore, tuttavia, delle parole di Paolo nella Prima lettera ai Tessalonicesi («In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi», 1 Tes. 5, 18) e nella Seconda lettera ai Corinzi («Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo», 2 Cor. 1, 6), ho trovato motivi di consolazione e di ringraziamento. Ebbene sì.
Eccome se ve ne ho trovati!
In primo luogo, La ringrazio perché l’adorazione di pachamama nei giardini vaticani – alla vigilia del sinodo sull’Amazzonia – con tanto di prostrazione dei suoi devoti intorno all'immagine della sanguinaria divinità pagana (qui compreso un corpulento fratacchione francescano che, prostrato volto a terra, mostrava il suo enorme posteriore) alla Sua compiaciuta presenza e poi, il giorno dopo, la processione solenne della divinità pagana dalla basilica vaticana all’aula del sinodo amazzonico, hanno provocato in me l’effetto inverso: una maggiore devozione mariana per resistere davanti a questo culto diabolico e pagano.
È stato grazie a Lei se un giovane austriaco, Alexander Tschugguel, nell’ottobre 2019, sottrasse la statuetta dell’idolo dalla chiesa romana di Santa Maria in Traspontina dove era stata posta in venerazione dei fedeli per gettarla nel Tevere. Il portavoce vaticano, in quella circostanza, dichiarò che si trattava di una “bravata che contraddice lo spirito di dialogo”. Eh sì, aveva ragione il Suo portavoce: si trattava effettivamente di un gesto che, in effetti, contraddiceva un non compreso spirito dialogico che, al contrario, richiede la fermezza nelle proprie convinzioni e nella propria identità, non certo un cedimento su questi.
Ugualmente, La ringrazio, “papa” Francesco per la Sua fervida devozione a Martin Lutero, il cui atto di disobbedienza alla Chiesa Lei ha inteso celebrare solennemente nel suo 500° anniversario a Lund, in Svezia. Casualmente – ma il caso non esiste – in quelle stesse ore nelle quali Lei, “papa” Francesco, celebrava il cinquecentesimo anniversario dell’atto di disobbedienza luterana (30 ottobre 2016), il Centro Italia era colpito da un grave terremoto, che, guarda caso, quasi profeticamente, distruggeva la basilica di San Benedetto a Norcia. Erano rimaste solo le pareti esterne della basilica, mentre risultava diroccato interamente il suo interno e il monastero, costringendo i monaci benedettini a trasferirsi in una chiesa al di fuori del centro abitato, chiesa che – a distanza di anni – essi hanno restaurato, facendone un luogo di pace e di preghiera. Sono stato sempre colpito da quel terremoto, che distruggeva la basilica, che sorgeva sul luogo in cui erano nati i santi Benedetto, padre dell’Europa cristiana, e sua sorella Scolastica, e lasciava intatte solo le mura esterne. Quasi un segno di quello che si stava operando in quegli anni: la Chiesa sarebbe rimasta – sotto di Lei, “papa” Francesco – solo esternamente identica a sé stessa, ma al suo interno ne sarebbe risultata distrutta. Lo stesso Vittorio Messori, qualche giorno prima del terremoto, quasi presagendo di quanto sarebbe avvenuto, rammentava che proprio a Lund, dove di lì a pochi giorni Lei si sarebbe recato per onorare Lutero, “tutte le chiese furono rase al suolo, tranne la cattedrale, pur ovviamente denudata di ogni decorazione, all’uso riformato. Le pietre degli edifici cattolici abbattuti furono impiegate per la fortificazione e la cinta muraria della città”.
Il terremoto, in un certo senso, plasticamente attuava quello che la “riforma” di Lutero aveva compiuto per l’Europa, distruggendo quell’unità nella fede che Benedetto da Norcia e i suoi monaci avevano, con quel motto Ora te labora, edificato. Per cui, non poteva dirsi un caso se il terremoto di fine ottobre 2016 avesse colpito, in maniera particolare, giusto Norcia e segnatamente la basilica di San Benedetto.
Grazie, quindi, “papa” Francesco per avermi dato modo di riflettere sulla condizione della Chiesa, leggendo i segni dei tempi: nel nostro caso, l’opera “profetica” lasciata da quel terremoto. Grazie perché la Sua devozione verso Martin Lutero, che i venerdì santo si ubriacava di birra e mangiava carne di maiale per disprezzo alla Chiesa Cattolica, che ha onorato tramite una processione della statua dell’eresiarca germanico da San Pietro sino all’Aula Nervi, avvenne “casualmente” nel giorno della ricorrenza del miracolo del sole della Madonna di Fatima il 13 ottobre 2016.
In fondo, questi Suoi cedimenti, “papa”, verso l’eresiarca germanico, producevano in me l’effetto inverso: una maggiore consapevolezza della mia fede cattolica e, al contempo, una maggiore resistenza alle eresie proposte.
Sempre su questa linea, a Jakarta, nel settembre dell’anno scorso, Lei, “papa” Francesco, dichiarava: “Tutte le religioni sono vie di accesso a Dio”. E ancora, nella medesima circostanza: “C’è un solo Dio, e le religioni sono come lingue, sentieri per raggiungere Dio. Alcuni sikh, alcuni musulmani, alcuni indù, alcuni cristiani”. Mi veniva il dubbio: ma un seguace del satanismo, segue inconsapevolmente Dio? Il satanismo è un sentiero per raggiungere Dio? Un satanista, adoratore di Bafometto, in realtà onora Dio? Ed allora Dio che si lamentava col popolo d’Israele per la sua idolatria verso i falsi dei o Salomone che, seguendo le sue mogli pagane, prestava adorazione verso i falsi dei, in realtà adoravano l’unico vero Dio? Perché allora il Signore mandò il profeta Geremia al popolo per convertirlo alla fede in Lui? E Paolo che, nella lettera ai Romani, scriveva che le false religioni avevano “cambiato la verità di Dio con la menzogna e [avevano] venerato e adorato la creatura al posto del creatore” (Rm 1, 25), aveva torto? E mi domando, se è come diceva Lei, “papa” Francesco, perché quando gli israeliti adoravano altri dei, “l’ira del Signore si accendeva” contro di loro (Num 25, 3; Lev 20, 2; Giud. 2, 13-14)? E perché Paolo indicava che il punto di vista del Signore non era mutato riguardo ai falsi dei (1 Cor 8, 5-6; Gal. 4, 8), domandando ai cristiani di Corinto, “quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l’iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele?” (2 Cor 6, 14-15).
Evidentemente Paolo non era aggiornato come lo era Lei, “papa”.
Così come non lo era lo stesso Dio biblico, che è il mio Dio, che aveva stabilito nel Decalogo: “Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altri dei di fronte a me”.
Nonostante questa evidente contraddizione tra Lei, “papa”, e la Scrittura, La devo ringraziare, perché Lei ha rafforzato in me le convinzioni della mia fede. Lei mi ha confermato nelle mie convinzioni religiose in senso contrario al Suo magistero!
Così Lei mi ha confermato quando in occasione del Covid, che tanti lutti ha portato in Europa, e segnatamente in Italia, Lei affermò che questo fiero morbo non potesse qualificarsi come “castigo di Dio”, perché Dio non castigherebbe, cioè non purificherebbe i suoi figli, non pulirebbe la sua aia! E devo dire che furono queste Sue affermazioni, più volte ripetute, che mi obbligarono ad approfondire il tema, sia ricercando nella Rivelazione sia nel magistero dei papi, grazie al contributo di un autore anonimo noto con lo pseudonimo di Augustinus Hipponensis (https://www.marcotosatti.com/2020/05/17/covid-19-punizione-o-avvertimento-e-per-quale-colpa-1;
Così come non so come ringraziarLa per aver “punito” alcuni buoni vescovi e pastori di anime, rendendo più universale la loro opera apostolica. Un nome per tutti: il vescovo americano monsignor Joseph Strickland, che, rimosso dalla sua sede dopo una discutibile “visita apostolica”, ora può svolgere il suo apostolato episcopale verso il mondo intero, allargando – si può dire – i confini di quella che era la sua diocesi. Ma penso anche, analogamente, al vescovo francese monsignor Dominique Rey, pure lui rimosso, o meglio costretto alle dimissioni, dopo un’analoga “visita apostolica”. Stesso metodo adoperato anche verso alcune realtà fiorenti come i Francescani dell’Immacolata.
A questo riguardo ricordo ancora chiaramente ciò che Lei disse, in un momento di sincerità, agli stessi frati, nel giugno 2014, nella cappella di Santa Marta, e cioè che la loro persecuzione – operata da Lei – era opera del diavolo (https://www.youtube.com/watch?v=hyxlCj7En8Y). Le parole le ricordo chiaramente: “Il vostro carisma è un carisma singolare: c’è lo Spirito di san Massimiliano Kolbe, un martire, e c’è lo spirito di san Francesco, l’amore alla povertà, a Gesù spogliato… Ma c’è un’altra cosa che a me fa capire perché il demonio è tanto arrabbiato con tutti voi: la Madonna. C’è qualcosa che il demonio non tollera… non tollera la Madonna, non tollera e non tollera di più quella parola del vostro nome: Immacolata, perché è stata l’unica persona solamente umana nella quale lui ha sempre trovato la porta chiusa, dal primo momento; lui non (la) tollera. Ma pensate anche il momento che voi vivete adesso come una persecuzione diabolica, pensatela così…”. E infatti cosa face Lei tramite i commissari da Lei nominati? Imporre la cancellazione, dai loro statuti, tra le altre cose, dello speciale “voto mariano”: quello stesso voto che Massimiliano Kolbe adottò per sé, di totale dedizione a Maria, fino alla morte, in aggiunta ai consueti voti francescani (povertà, obbedienza, castità). Quindi, Lei stesso ammise, in quella circostanza, che la persecuzione da Lei stesso intrapresa verso i Francescani dell’Immacolata era una persecuzione diabolica!
Questa Sua limpida ammissione mi ha fatto nascere il dubbio che, probabilmente, in molte Sue decisioni, Lei non fosse ispirato propriamente dallo Spirito Santo, bensì da altri. Ma è la mia convinzione. Lascio a Dio il giudizio su questo.
Non so come ringraziarLa, perciò, “papa” Francesco, perché Lei mi ha consentito, sotto diversi profili, di approfondire e rafforzare la mia fede. Scommetto che Lei non voleva portarmi a questo. Ne sono quasi certo. Ma Sà, è stata una naturale reazione da parte mia.
Che altro dirLe? Per cos’altro dirLe grazie?
Oh, ci sarebbero tante altre ragioni analoghe a quelle che le ho scritto. Ma lascio le altre ragioni di ringraziamento a Dio, a cui saranno certamente note.
Da parte mia, non posso che augurarLe di riposare in pace, con l’auspicio per Lei, come direbbero gli antichi scrittori pagani, come Marziale nei suoi Epigrammata e anche Euripide, che sit tibi terra levis (che la terra ti sia dolce).
E con lo sguardo rivolto al futuro, non posso che pregare affinché il nuovo Successore di Pietro possa davvero voltare pagina, riportando la Chiesa a quella fedeltà incrollabile alla Tradizione apostolica che sola può assicurare unità, verità e salvezza. Auspico un tempo nuovo, nel quale non ci si vergogni della verità rivelata, non si confondano le tenebre con la luce, e non si svendano secoli di santità in nome di un’apertura che sa troppo spesso di cedimento. Perché, come disse Benedetto XVI, “la Chiesa è più antica e più grande di ciascuno di noi”, e non potrà mai essere rifatta a immagine e somiglianza del mondo, senza perdere sé stessa.
Comments