SI PERDE LA MISURA DELL'UMANO
![](https://static.wixstatic.com/media/b3cb2e_d19683ff7ce84922bd0dde93b9ab9a86~mv2.jpeg/v1/fill/w_980,h_735,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/b3cb2e_d19683ff7ce84922bd0dde93b9ab9a86~mv2.jpeg)
Cari Amici e Nemici,
siamo al solito copione. Mi riferisco a come, un brutale omicidio di un nigeriano a Civitanova Marche, viene così strumentalizzato da certa politica (di sinistra). Purtroppo, come spesso accade, un fatto che dovrebbe costringerci a una seria riflessione su di noi, sul mistero del Male, su cosa poggiamo le nostre scelte, sul senso che diamo alla vita, sui valori su cui costruiamo la nostra società, è stato immediatamente strumentalizzato ai soliti scopi ideologici e politici. Figurarsi poi con una campagna elettorale in corso.
È per questo che il caso di Civitanova, pur gravissimo, sui giornali e nei notiziari ha preso il sopravvento su ogni altro fatto, malgrado in questi giorni la cronaca nera di omicidi e aggressioni insensate ne offra un vasto campionario. Madri che uccidono i figli, figli che uccidono le madri, ex fidanzati che eliminano i rivali in amore con l’ex amata e l’elenco potrebbe continuare: bisognerebbe verificare con dati oggettivi, ma scorrendo le pagine dei notiziari si ha l’impressione che ci sia una esplosione di violenza generalizzata che percorre tutta la società e che questi brutali omicidi siano solo la punta di un mondo negativo sommerso.
Mi vengono in mente i tanti interventi del grande papa Benedetto XVI sulle conseguenze dell’assenza di Dio nella società occidentale: «Una società nella quale Dio è assente – scrisse ad esempio intervenendo nel dibattito sugli abusi sessuali – (…) è una società che perde il suo criterio. (…) Viene meno il criterio che ci indica la direzione insegnandoci a distinguere il bene dal male. (…) Si perde la misura dell’umano». «L’assenza di Dio – aveva detto anche il 26 ottobre 2011 – porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo. (…) La violenza diventa una cosa normale».
Ecco, su questo ci si dovrebbe interrogare, e invece si preferisce cavalcare l’ideologia, evocando il solito mantra dell’ombra del razzismo...
In realtà il vero razzismo è quello di chi distingue i morti e gli assassini in base alla nazionalità o al colore della pelle. Ed è smascherato da un altro terribile caso di cronaca accaduto poche ore dopo l’assassinio di Civitanova Marche. Sabato 30 luglio, intorno alle 9 del mattino, a Monteforte Irpino (Avellino) un nigeriano è entrato in un negozio e, dopo una forte discussione di cui non si conoscono i motivi, ha preso un martello e ha colpito il proprietario del negozio, un cinese, uccidendolo, e ferendo gravemente un altro cliente, di nazionalità bulgara, che cercava di fermarlo.
Per motivi, modalità ed esito vedo molte analogie tra quello che è successo a Civitanova e a Monteforte. Ma dell’italiano che uccide il nigeriano ne parlano per giorni tutti i giornali in prima pagina (e la comunità nigeriana scende in piazza), per il nigeriano che uccide il cinese (e ferisce il bulgaro) ci sono solo poche righe in cronaca (e non si rendono noti neppure i nomi). Senza parlare poi se uno straniero uccide un italiano...
Quanto accaduto a Monteforte, peraltro, mi ha portato ad un’altra riflessione: in questo caso chi ha tentato di fermare l’aggressore, non è riuscito a evitare la morte dell’aggredito e versa lui stesso in gravi condizioni. Si fa presto a condannare la presunta indifferenza di chi a Civitanova è stato testimone della brutale uccisione senza intervenire, ma è molto comodo farlo dal lato della tastiera di un computer o in uno studio televisivo seduto su comode poltrone (e tanto per avvalorare l’idea di trovarsi davanti a un Paese razzista in cui c’è chi uccide un nero e chi guarda con indifferenza). Trovarsi improvvisamente coinvolti in una situazione del genere è esso stesso un dramma, e decidere di intervenire e come non è semplice. Piacerebbe vedere quanti degli “indignati sinistroidi” di questi giorni si sarebbero gettati da soli addosso a un energumeno inferocito sapendo di rischiare la pelle. Non si tratta di giustificare l’indifferenza e l’ignavia (che purtroppo ci sono e si possono riportare ai succitati giudizi del grande Benedetto XVI), ma di sapersi calare nella situazione e di essere prudenti nel giudicare le persone, senza aver fretta di applicare un teorema.
Comments