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QUELLA FORZA VIRILE CHE DEVE ESSERE EDUCATA




Cari Amici,

siamo qui ancora impotenti ad assistere la tragedia di Willy, il ragazzino di Colleferro ucciso a calci e pugni da un gruppo di giovani adulti violenti. Mi sono posto alcune riflessioni che, da educatore, dico che l'educazione dei nostri giovani è importante e fondamentale per la loro vita e per la vita di chi sta loro intorno. Mi si dirà: cose scontate! Ma a quanto pare scontate non sono, rispondo io.

Tutto parte da una sana educazione sin dalla adolescenza. Un genitore, un educatore non può fermarsi al fatto che un ragazzo adolescente cresce solo perché inizia a spuntagli la barba; né dal cambiamento della voce, tutt’altro che affascinate e sexy in quegli anni. Sto parlando del vero cambiamento che gli adolescenti maschi notano, che li affascina, li spaventa; e che nessuno mai spiega. I muscoli. La forza.


Nessuno spiega loro che stano diventando più alti, più forti, più veloci e aggressivi per difendere la donna e il bimbo che essa si prepara ad accogliere. Che i cambiamenti che vedono nel loro corpo dice che il loro destino è contrapporre quel corpo ad un eventuale aggressore. Che, se nel corpo della donna è scritto il fatto di dare la vita ad un bambino, nel corpo dell’uomo è scritto il destino di dare la propria vita, di sacrificarsi per le persone che ama.

Nessuno commenta per loro le parole di Ettore nell’Iliade: «La guerra – cioè la morte violenta – è cosa da uomini».

Nessuno, spiega ai ragazzi che è per questo che il loro corpo sta cambiando: perché sono chiamati a dare la vita per amore.

Così il testosterone, la forza e l’aggressività restano senza uno scopo, senza un senso. Ma non smettono di esistere. E, invece di essere usati per difendere, possono diventare occasione di fare del male. Così si arriva al cosiddetto “femminicidio”. Chi si macchia di tali delitti non mette la propria forza al servizio della donna, ma la usa contro di lei.

Non sono uomini, ma bambini che non si sono mai sentiti dire «No». E che, davanti al primo «No», reagiscono – appunto – come bambini. Bambini alti un metro e ottanta, pesanti un quintale e pieni di testosterone. Così si arriva al bullismo. Invece di usare la propria forza per difendere i propri compagni, magari non ancora sviluppati, la si usa contro di loro.


Colleferro. Quattro, forse cinque contro uno; pure gracilino e mingherlino. Per favore non mi parlate di virilità. Questi non sanno nemmeno dove sta di casa la virilità. Ma forse un po' di responsabilità ce l’ha anche la nostra società, che odia così tanto la virilità da tacerne il senso e il fine ai ragazzi.

Il politicamente corretto ci ha abituati a credere che il linguaggio crei la realtà. Purtroppo, tacendo della virilità, essa non scompare dal mondo. Resta senza uno scopo. Non si organizza, non ha una struttura, non segue un ordine. Ed ecco i risultati.


Un'ultima riflessione. In televisione ho sentito commmenti deliranti sulla faccenda. Commenti dai soliti psicologi (inutili) che fanno credere di sapere di tutto ma che sanno di tutto il niente...

Ovviamente si punta il dito contro la virilità (la si definisce «tossica», «machismo»). Qualcuno non si lascia sfuggire l’occasione di tirare in ballo «la pulsione identitaria». Altri, invece, accusano e chiedono di vietare gli sport da combattimento, che i quattro, cinque assassini praticavano. Cioè si chiede di proibire l’ennesima e forse l’ultima forma che i ragazzi possono dare alla loro forza, alla loro aggressività. Tra l’altro, ogni praticante o ex praticante sa, mi dicono, che gli sport da combattimento insegnano meglio di ogni altra attività a controllare le proprie emozioni, comprese paura e aggressività; insegnano a restare lucidi, insegnano che tecnica, intelligenza e psicologia sono molto più efficaci delle passioni incontrollate. Da qui la facile previsione: vietate gli sport da combattimento e le arti marziali e vedrete esplodere numerosissimi episodi come quello che hanno coinvolto Willy, il ragazzo ucciso a Colleferro.

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