LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO
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La cattedrale di Nantes, in fiamme. È l’ennesima chiesa, e potrebbe - purtroppo - non essere l’ultima, vista la tragica statistica che da tempo sta interessando i luoghi di culto cattolico, in Francia soprattutto. L’incendio che ha colpito la storica cattedrale gotica di Nantes, è stato domato, ma ha lasciato profonde ferite nel cuore dei credenti e nel patrimonio artistico mondiale.
Non è possibile dimenticare in questa triste cronistoria il tragico anno passato, il 2019 - di chiese bruciate, vandalizzate, rovinate, imbrattate statue e crocefissi distrutti, Ostie rovesciate e tabernacoli profanati.
Nell’aprile 2019, poi, Notre-Dame, altra cattedrale, simbolo e cuore della Francia cattolica, ha vissuto la stessa sorte di quella della cattedrale di Nantes (v. il mio QcT/24 “Quella parte di noi andata in fiamme”). Notre-Dame con tutto il suo passato - da Hugo a oggi - aspetta di risorgere dalle macerie. Vediamo ancora quelle fiamme che salivano al cielo, al posto dei campanili, delle guglie, delle volte. Fiamme che sono state - anche in quel caso - dolose. È un attacco, questo di Nantes, a un altro simbolo del Cristianesimo.
Le cattedrali, questi tesori inestimabili non solo del Cristianesimo, ma dell’intera storia dell’umanità, della storia dell’Arte. La famosa serie di trentuno dipinti di Monet - dal titolo “Le cattedrali di Rouen” - forse, potrebbe ben esprimere quanto sia radicato nel nostro immaginario storico e umano l’importanza di tale tipologia di edificio. Un edificio che non è solo architettura, ma è un “qualcosa”, una “res” (direbbero i latini) più profonda. Vive nella parola “cattedrale” un insieme di sentimenti, misti a profumi (gli incensi delle cerimonie, l’odore delle ceri speranzosi, il profumo delle composizioni floreali sugli altari); vivono, in quel luogo denso di storia, le preghiere, le corali, le cerimonie liturgiche, gli avvenimenti gioiosi o tristi di una intera diocesi, sempre accogliente. Proprio nelle cattedrali sono nate importanti conversioni: solo per nominarne alcune, quella del filosofo francese Jacques Maritain, del poeta Paul Claudel, del giornalista André Frossard.
L’importanza della “cattedrale”, in fondo, è racchiusa in tutti quei nomi che la delineano, che la definiscono. “Ecclesia mater”, viene anche chiamata: “madre”, questo termine che ci riconduce a Maria, madre del Signore. Per istituzione ecclesiastica, “madre” perché la chiesa più grande - la principale - della diocesi. Altro titolo per indicare la “cattedrale”, “Domus Dei” addirittura: “Chiesa del Signore”. Come non pensare, poi, alla “Madre di tutte le Chiese” la Basilica Patriarcale di San Giovanni in Laterano, la Cattedrale del Papa a Roma.
Benedetto XVI il Grande non a torto ha detto: “Le cattedrali non sono monumenti medievali, ma case di vita, dove ci sentiamo "a casa": incontriamo Dio e ci incontriamo gli uni con gli altri. Da questo contatto del cuore con la Verità che è Amore nasce la cultura, è nata tutta la grande cultura cristiana. E se la fede rimane viva, anche quest’eredità culturale non diventa una cosa morta, ma rimane viva e presente”.(Udienza generale, 21 maggio 2008).
E ancora in un'altra Udienza generale afferma: “... Un altro pregio delle cattedrali gotiche è costituito dal fatto che alla loro costruzione e alla loro decorazione, in modo differente ma corale, partecipava tutta la comunità cristiana e civile; partecipavano gli umili e i potenti, gli analfabeti e i dotti, perché in questa casa comune tutti i credenti erano istruiti nella fede.
La scultura gotica ha fatto delle cattedrali una “Bibbia di pietra”, rappresentando gli episodi del Vangelo e illustrando i contenuti dell’anno liturgico, dalla Natività alla Glorificazione del Signore... (Udienza generale, 18 novembre 2009).
E l’attacco alla cattedrale di Nantes è un attacco proprio alla “Chiesa del Signore”, a un cuore già da troppo tempo sanguinante, non solo in Francia, ma - ad esempio - nelle regioni del mondo dove il Cristianesimo è messo al bando: basterebbe citare la Corea del Nord o - ad esempio - il Sudan, lo Yemen. Si dovrebbe continuare l’elenco con circa cinquanta paesi.
Incendiare una cattedrale è un’immagine forte, una dichiarata guerra contro il Cristianesimo e i suoi simboli. Lo è per ben due motivi: il primo, di carattere “psicologico” potremmo dire, per l’aspetto stesso “scenografico”: guardare le meravigliose vetrate, le guglie avvolte dalle fiamme è un “fotogramma” dal forte impatto psicologico; il secondo, di carattere “storicamente” cristiano: la cattedrale, per la sua imponenza esprime bene il concetto di un mondo che si vuole ergere verso l’Alto, verso Dio, e cercare di infrangere questa visione, è cercare di radere al suolo lo stesso principio ideale del Cristianesimo, appunto il guardare verso l’Alto.
E, nella cronistoria di prima, abbiamo compreso bene quanto - guarda caso - proprio le porte delle cattedrali siano state oggetto di vandalismo: chiara, evidente e brutale metafora del minare la porta del Cielo, minare l’uomo che si vuole ergere verso Dio. Sembra quasi che la parola d’ordine, ultimamente (in Europa soprattutto) sia: abbattere tutto ciò che possa elevare, che possa edificare l’Uomo alla ricerca dell’Assoluto.
La Cattedrale di Nantes - l’ultima oltraggiata dalle fiamme - è celebre, in tutto il mondo, per il suo stile gotico. Costruita in oltre 450 anni, dal 1434 al 1891. Ci sono state persone che hanno lavorato per costruirla. Ci sono state persone che hanno pregato in quella chiesa. E, ancora una volta, il tutto vuole essere spazzato via dal vento, un vento fatto di fiamme, di barbarie, e di vandalismo. Ma anche questa volta, il verbo “risorgere” non sarà certo disatteso. Le canne dell’organo di Saint-Pierre-et-Saint-Paul risuoneranno, nuovamente. E sarà allora che potremo ricordare quella poesia di Maria Luisa Spaziani (1922-2014) che inizia all'incirca così: “Entro in questo amore come in una cattedrale (...) Mi risucchia un’eco di mare, e dalle grandi volte scende un corale antico che è fuso alla mia voce”. Il corale antico non lo fermerà, certamente, un incendio perché “le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18).