"LA VITA E' LA TUA NAVE, NON LA TUA DIMORA"!
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Una riflessione escatologica.
Teresina di Lisieux ha scritto: “La vita è la tua nave, non la tua dimora”. Purtroppo, l'esperienza ci dice che facciamo davvero fatica a digerire questa affermazione assorbiti come siamo, alcuni addirittura persi, dalla e nella mentalità mondana sazia e disperata... Eppure, che piaccia o no, che ci si sballi o meno, la realtà è altra cosa.
Il mese di Agosto è considerato il mese del riposo per eccellenza, dato che le vacanze sono spese principalmente in questo periodo. Dal primo agosto si chiudono le fabbriche e le attività delle grandi imprese, così le auto, cariche di bagagli, trafficano sulle strade e autostrade per raggiungere le varie località marittime e montane. Nessuno di noi sentirà il bisogno di mettere in conto l'eventualità dell'incontro con la morte e a pochi sfiorirà il pensiero che la meta da raggiungere potrebbe non essere quella stabilita con l'agenzia viaggi, ma l'addio al mondo dei viventi.
Eppure la cronaca insegna che tutti gli anni, nel periodo delle ferie, avvengono incidenti sulle strade, sui monti e nei mari con un numero elevato di morti. Ciononostante, se qualcuno volesse menzionare la possibilità, in questo periodo di vacanza, di incontrare la morte, verrebbe fulminato da sguardi commiserevoli e patetici, divenendo soggetto di sberleffi e gesti scaramantici. Come mai? E' stato scritto: “Tutti sappiamo di dover morire, ma ci illudiamo di poter morire dopo gli altri e che ancora non è venuto il nostro giorno”. (Yamamoto Tsunetomo)
Ebbene, solo in questi giorni di agosto sono capitati quattro fatti sconcertanti sulle strade italiane intasate di vacanzieri in transito verso le zone di villeggiatura. L'ultimo in ordine di tempo quello di Genova dove a morire sono stati in 43.
“Cos'è la vita?”, chiese la grande Oriana Fallaci a un amico francese. E lui rispose: “La vita è un palcoscenico dove si viene buttati di prepotenza e dove si è costretti ad attraversare in un modo o nell'altro prima di uscire di scena. E per l'uscita non conta il tempo che ci metti, conta il modo in cui lo attraversi. L'importante, quindi, è attraversarlo bene”.
Tra i credenti, chi si sente in grado di affermare di essere preparato ad accogliere la morte?
Sia chiaro che per chi non crede, per uno che non è convinto dell'esistenza dell'aldilà, il tema della morte come una esperienza positiva sia un tema senza senso, come in fondo anche la vita, per chi non crede, non ha senso! Ma per un credente, credere nell'esistenza di una vita oltre la morte, dovrebbe essere il pensiero positivo che lo dovrebbe aiutare, giorno dopo giorno, a vivere serenamente l'attesa dell'incontro con il Signore.
“E quando vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” (Gv. 14,2-3).
Vivere nell'imminenza della fine non implica che non bisogna più divertirsi o piantare alberi o lavorare, per esempio, in banca. Esige soltanto che lo si faccia con serietà, che l'ordine delle priorità si disponga rispetto a questa fine. "Allora si giocherà a palla come se si giocasse con gli angeli; si pianterà un albero come si semina una preghiera; si accoglie un cliente che viene ad aprire un conto in banca come se fosse il Messia che viene ad aprire le nostre anime” (Fabrice Hadjadj in “Farcela con la morte” Ed. Cittadella, pag. 47-48).
Giovanni Bosco raccomandava ai suoi ragazzi: “Lavoriamo come se dovessimo vivere sempre, e viviamo come se dovessimo morire in questo giorno”. I fatti tragici che la vita ci mette davanti, ci ricordano la caducità della nostra vita e la possibilità di trovarci da un momento all'altro davanti a Dio a rimettere la nostra se pur breve esperienza di vita. Possiamo continuare a vivere come se la morte, troppo impegnata a visitare gli altri, non trovi il tempo per prendersi cura di noi? Non lo sappiamo! Sappiamo però che,
"Morte, non andar fiera se anche t’hanno chiamata possente e orrenda. Non lo sei.
Coloro che tu pensi rovesciare non muoiono,povera morte, e non mi puoi uccidere.
Dal riposo e dal sonno, mere immagini di te,
vivo piacere, dunque da te maggiore, si genera.
E più presto se ne vanno con te i migliori tra noi,
pace alle loro ossa, liberazione dell’anima.
Tu, schiava della sorte, del caso, dei re, dei disperati,
hai casa col veleno, la malattia, la guerra,
e il papavero e il filtro ci fan dormire anch’essi meglio del tuo fendente.
Perché dunque ti gonfi? Un breve sonno e ci destiamo eterni.
Non vi sarà più morte. E tu, morte, morrai". (John Donne)