top of page

RENZI: IL "NO" E' LA PROVA CHE IL PAESE



L’elevata affluenza alle urne (quasi il 70%) sembrava lasciare margini di incertezza. Invece la vittoria del “no”, secondo i dati diffusi nella notte, è netta e senza appello, e sfiora il 60%. Un risultato senza appello, e il presidente del Consiglio Matteo Renzi ne ha preso atto. Dichiarandosi pateticamente l'unico sconfitto ha annunciato le dimissioni che ha presentato al presidente della repubblica.

Non sono bastate ai sostenitori del “si” le lettere spedite agli italiani all’estero, non ha prodotto gli esiti sperati una stucchevole propaganda di regime con pochi precedenti dopo il fascismo, non sono risultate sufficienti le promesse elettorali degli ultimi mesi per consentire a Renzi di vincere la sua partita più importante e non è bastata la squallida propaganda che molti Colleghi, illudendosi, hanno addirittura fatto in aula!


La personalizzazione del voto del referendum ha gravemente nuociuto a Renzi, alla Boschi e alla Boldrini... attirando loro le antipatie e gli istinti di rivalsa di tutti quelli che genuinamente avevano creduto in lui (loro), dentro e fuori il partito, e che lui (loro) aveva (avevano) ingenerosamente messo all’angolo o esautorato. Il destino del governo, uscito tramortito dalle urne, ora è finito!

I due anni e mezzo impiegati dal Parlamento per molteplici letture di una riforma costituzionale che il popolo italiano ha bocciato sonoramente si sarebbero potuti dedicare all’emanazione di norme urgenti per l’economia e la crescita del Paese, per la risoluzione di emergenze che, soprattutto al sud, rendono critica la situazione e incerte le prospettive dei giovani.


Gli elettori non hanno creduto agli sbandierati benefici di una riforma costituzionale che avrebbe dovuto ridurre i costi della politica, cambiare il volto del Senato, abolire il Cnel. La narrazione renziana e compagnia festante ha miseramente fallito e ora è giusto voltare pagina e creare le condizioni per un effettivo rilancio del Paese dopo anni di governo Renzi non legittimato dal popolo e concentrato esclusivamente su una riforma della Costituzione inutile, se non dannosa, oltre che funzionale ad un unico obiettivo: cedere porzioni consistenti di sovranità nazionale alle lobbies europee e internazionali, alle quali l’attuale esecutivo risultava completamente asservito.


Gli esiti del voto sono inequivocabili. Si era pronosticato che almeno al nord il fronte del “si” prevalesse con una certa ampiezza e invece, se al sud e nelle isole il “no” ha stravinto, anche nel resto d’Italia i “si” appaiono di gran lunga meno numerosi dei “no”, salvo in Toscana, terra d’origine del premier e della Boschi, Trentino e Valle d’Aosta (questo almeno secondo i dati). La maggiore affluenza alle urne rispetto alle previsioni della vigilia ha confermato, quindi, che molti indecisi sono andati a votare per respingere l’assalto alla Costituzione e per mandare un avviso di sfratto all’inquilino di Palazzo Chigi e al suo entourage.


E’ ancora presto per parlare dei nuovi scenari che il verdetto delle urne prepara.

Il pallino è ora nelle mani del Quirinale che dovrà gestire una difficile crisi di governo, sotto gli occhi vigili e preoccupati dei mercati finanziari. Era prevedibile che l’Italia si trovasse debole e indifesa in caso di vittoria del “no”, anche perché l’esecutivo non aveva e non ha alcun piano “b”. L’emergenza più stringente ora è quella di approvare la legge di stabilità e di mettere in cassaforte i conti pubblici, pur con tutte le incertezze legate ai destini di molte banche e di cospicui risparmi degli italiani. Gli imprenditori a parole avevano tifato per la riforma e dichiarato sostegno alla riforma Boschi, ma evidentemente nel segreto dell’urna non si sono comportati con coerenza rispetto agli impegni assunti col premier.

Anche nelle aree più fortemente evolute come la Lombardia il “si” ha perso, a riprova del fatto che tra il popolo e la casta, variamente incarnata da consorterie e pezzi di establishment più o meno autoreferenziali, ha vinto il primo.


Ora, però, non è tempo né di vendette né di regolamenti di conti. Bisogna impedire la deriva del Paese e iniziare una faticosa opera ricostruttiva, anche delle relazioni tra maggioranza e opposizione. Il voto popolare va rispettato, la gente chiede stabilità e soluzione ai problemi più urgenti che attanagliano il tessuto sociale italiano. Non ci si avviti su legge elettorale e nuovi equilibri costituzionali.

Le priorità sono altre. Quali, lavoro, famiglia e cultura seria! Capito? Ciao Renzi e e ricordalo alla boschi e alla Boldrini... che come si dice a Roma: Chi magna 'er dorce caca l'amaro = Chi trascura troppo il proprio lavoro per divertirsi, poi se ne pentirà.

Archive
bottom of page