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IL METODO MONTESSORI: DAVVERO EDUCATIVO?




Molti pedagogisti, sociologi, docenti, educatori, politici, in questi giorni stanno facendo sfoggio delle proprie sofistiche opinioni, nel "celebrare" i 150 anni dalla nascita della Maria Montessori. Persino il Presidente della Repubblica, ha tenuto al Quirinale un encomio, definendo il metodo Monterrosi "... un metodo rivoluzionario per la pedagogia valido ancora oggi...". Molti, poi, sono gli Istituti a Lei dedicati: personalmente per anni sono passato davanti ad una scuola media di Castellanza (Va) che porta il suo nome... E tutte le volte non riuscivo a non fare le riflessioni che adesso metto per iscritto. Mi rendo conto di andare "contro" il politicamente corretto, ma è davvero "tutto oro quello che luccica?". E faccio questa riflessione come educatore, anche se insipiente, ma attento ad una vera pedagogia educativa.


Cerco di dare ragione alla mia contrarietà al "metodo Montessori" e al perché non ne sono pienamente d'accordo! Concretamente l'impostazione del "metodo Montessori", su basi positiviste, dissolve l’idea stessa di educazione e di autorità e cancella il peccato originale. Le sue intuizioni si sono rivelate profetiche al negativo: dal pacifismo all’ambientalismo fino al “genderismo”


La Montessori, pur nata e cresciuta in una famiglia di credenti - i genitori erano cattolici liberali vicini agli ideali risorgimentali - il suo rapporto con il cristianesimo fu in realtà occasionale e superficiale, mai si approfondì traducendosi in esperienza vissuta e non influì affatto sulla sua visione del mondo e sulle sue scelte, semmai condizionate da altri riferimenti ideologici e culturali, come il positivismo e la teosofia. Riconosceva sì l’importanza della dimensione spirituale nel processo di crescita dei bambini, ma per lei la divinità aveva caratteristiche cosmiche, pagane, nulla a che vedere con il Dio incarnato in Gesù Cristo e vivente nella Chiesa.


Peraltro, quel momento di commozione in una notte di Natale era forse solo la nostalgia di un’infanzia lontana, mentre la collaborazione con le Francescane romane non nasceva tanto da un’identica preoccupazione educativa quanto dal fatto che quelle religiose assistevano i bambini orfani dopo il terremoto di Messina del 1908: un’iniziativa umanitaria in cui la Montessori, attenta ai drammi sociali del suo tempo, si riconosceva. Per dirla tutta, anche i superiori delle Francescane erano vicini al modernismo, che in quegli anni minava la dottrina e i fondamenti della fede.

La stessa Maria Montessori subì l’influsso delle tesi moderniste allora in voga. Infatti manifestò apertamente la sua avversione all’idea di peccato originale. Come tanti intellettuali di sempre, magari preparati e intelligenti ma presuntuosi, pure lei si sentì in dovere di bacchettare il plurisecolare Magistero: così la nozione di peccato originale era a suo avviso incompatibile con la “purezza” che vedeva nei bambini. E neppure accettava che nel nell'educazione di un bambino esistesse un’autorità, che premia e punisce, identificandola a torto come espressione del potere di turno: dei genitori, dei docenti, dello Stato. Il bambino, con l’aiuto di opportuni e originali strumenti didattici da lei stessa inventati, va invece accompagnato a individuare in se stesso le qualità e le risorse che possiede, per farle emergere. L’insegnante resta nell’ombra, è solo uno strumento, un mezzo nel cammino alla scoperta di sé. Niente maestri di vita da seguire, niente contenuti di valore con cui confrontarsi.


L’educazione non è più un incontro, né un rischio, ma un meccanismo da applicare sia pure in modo elastico, adattandosi alle caratteristiche di ciascun bambino: al più viene esaltata la creatività, senza alcun legame organico con la realtà tutta, senza la ricerca di un senso, di un significato da dare alle cose. Ovviamente il metodo Montessori non prevede alcuna “comunità educante”, che unisca nel medesimo obiettivo scuola, famiglie e istituzioni, perché ciò che conta è puntare i riflettori sui singoli individui e potenziarli, quasi fossero prodotti di laboratorio. Siamo lontanissimi ovviamente dal metodo educativo di Giovanni Bosco, il sistema preventivo basato su ragione, religione e amorevolezza, che punta ancor oggi a formare buoni cittadini e non dei geni senza un vero legame con il contesto sociale, creature di Dio e non individui privi di radici.


Maria Montessori è stata accusata di vicinanza al fascismo e di aver cercato l’appoggio di Mussolini, che in effetti inizialmente sostenne le sue scuole, tentando di condizionarle per farne uno strumento di propaganda del regime. Il tentativo fallì, e “la donna che rivoluzionò per sempre il mondo dell’educazione” fu costretta a lasciare l’Italia, dove tornò solo nel dopoguerra, poco prima di morire, dopo aver girato mezzo mondo per far conoscere le sue idee e creare un movimento che le diffondesse. Innegabile il successo di questi tour da un Paese all’altro. E proprio in questi viaggi ebbe incontri importanti, come con il Mahatma Gandhi, che arricchirono il suo bagaglio ideologico, rendendolo ancor più complesso ed eterogeneo.


Possiamo dire che le sue intuizioni, la sua idea di scuola, di educazione, di formazione, di società, sono state profetiche, ma in negativo: hanno cioè in qualche modo precorso e per certi aspetti favorito lo spettacolo piuttosto desolante cui oggi assistiamo, dove imperano idoli che solo apparentemente sono a favore della persona umana. La Montessori credeva nell’educazione ambientale, ma questa oggi è cambiata in un martellante integralismo ambientalista; sosteneva l’educazione alla pace, ma il risultato è un astratto pacifismo a senso unico, che ignora le vere dittature; credeva nell’educazione alla mondialità (con l’obiettivo di abolire tutti i confini), ma siamo ridotti a subire un globalismo totalitario che soffoca ogni identità. Insomma, una delusione, ben dissimulata da una narrazione agiografica e acritica che non ci aiuta a cogliere i limiti e le contraddizioni di una “maestra del sospetto”, intenta a vanificare - col suo pensiero - la struttura naturale della convivenza umana, a partire dalla figura e dal ruolo della donna. Al punto che gli attuali sostenitori, ad esempio, del divorzio e dell’aborto volontario, trovano facilmente in lei un punto di riferimento perché sosteneva la più totale libertà di scelta e di autodeterminazione, fuori da ogni schema precostituito e da ogni pregiudizio.


La cosa nuova è che ora è diventata anche l’idolo dei movimenti Lgbt, che combattono contro le cosiddette discriminazioni di genere. Perché? Perché il metodo Montessori non prevede percorsi differenziati maschio-femmina. Infatti gli ausili didattici sono neutri (niente bambole o soldatini); non ci sono in aula o nell’abbigliamento degli scolari colori che distinguono (il rosa e l’azzurro); non c’è competitività, con il rischio che prevalgano i maschi, perché non si dà peso a voti e giudizi; non c’è la paura di favorire comportamenti differenziati a seconda del sesso, perché l’impostazione prevalentemente pratica del metodo fa sì che tutti imparino ad esempio i lavori domestici.

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