QUELLO DI CUI HANNO BISOGNO: GLI STUDENTI NON SONO DEI COMPUTER!
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Cari Amici, ci sono due incognite che ogni esame porta con sé: l’imprevisto e il fattore umano, entrambi, appunto, imprevedibili.
L’imprevisto ci fa capire meglio a livello di esperienza che la ragione non riesce a cogliere e a comprendere tutto, perché la realtà non è stata costruita e progettata da noi, ma ci previene.
Per questo l’imprevisto sorprende e libera allo stesso tempo, perché ci permette di capire che noi non siamo onnipotenti, non tutto dipende da noi, i risultati non sono sempre nelle nostre mani.
Perché è liberante questa consapevolezza? Perché se non tutto dipende da noi, se l’esito non è la naturale conseguenza di un impegno e di uno sforzo, significa che esiste un altro criterio di giudizio del lavoro e dell’impegno, esiste un’altra possibilità di valutazione dell’operato, un metro di giudizio che è nel cuore, e coincide con la coscienza: quanto ho lavorato e mi sono impegnato, ovvero quanto sono stato responsabile, cioè ho cercato di rispondere alle richieste della realtà, delle persone e dei compagni? Quanto sono cresciuto e sono diventato più maturo, più grande, più cosciente di me? Prima ancora che il voto, è la risposta a queste domande che ci fa capire il senso di questa esperienza.
Stiamo attenti, però, perché di fronte all’imprevisto possiamo avere due atteggiamenti il disimpegno o la proposta di Ignazio di Loyola(1491-1556): «Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio».
Il secondo fattore è quello umano. La vita per fortuna non è un’equazione matematica, non può essere riassumibile in formule ed equazioni. Un pilota si trova ad affrontare un guasto sull’aereo appena decollato, avendo pochi secondi per valutare, giudicare, prendere posizione; non si comporta come un robot, proprio perché ha il fattore umano, fattore che rende affascinante l’avventura della vita.
Un esame di Stato non è mai uguale a un altro. Quest’anno, poi, soltanto a poche settimane dalla prova gli studenti hanno scoperto quale tipo di esame avrebbero sostenuto, a causa della chiusura delle scuole e della didattica a distanza). Durante l’esame lo studente ha la possibilità di capire un po’ meglio se stesso, la propria emotività, le reazioni, le capacità, le inclinazioni e i desideri.
Dopo quest’anno sono ancora più convinto che debbano rimanere delle prove serie e faticose al termine del percorso scolastico che introduca poi al mondo universitario o a quello lavorativo.
Certamente gli esami non hanno mai valutato la maturità di uno studente. Chi potrebbe negarlo! Ma in un certo qual modo gli esami hanno sempre segnato l’ingresso a un nuovo mondo, perché non segnano solo la fine, ma aprono anche a una fase diversa, a un nuovo inizio. Tracciano la fine di una fase della vita e l’inizio di un’altra.
A vent’anni si è ormai grandi, si apre davvero la fase della maturità, intesa come responsabilità, come momento della scelta e della libertà.
Questi studenti, quelli che hanno sostenuto l’esame quest’anno, hanno avuto la grande occasione. Tutti noi abbiamo avuto una grande occasione! Nessuno potrà più dire che l’uomo contemporaneo occidentale non ha attraversato momenti tragici della storia universale, mentre fino a qualche mese c'era chi affermava: “Le ultime generazioni non hanno conosciuto la guerra”.
Da questo momento in poi nessuno più potrà nascondersi dietro l’illusione di non sapere.
La realtà, che già provoca e richiama nelle condizioni ordinarie, ci ha mostrato chiaramente la falsità della posizione dell’uomo contemporaneo che si crede padrone e signore, che misconosce l’imprevisto e la dipendenza e si erge sul piedistallo per costruire quel mondo migliore che il Creatore non sarebbe riuscito a costruire.
«La maturità è tutto» scrive Cesare Pavese (1908-1950) nel suo Il mestiere di vivere, richiamandosi al Re Lear shakespeariano. La maturità dell’uomo è questa consapevolezza della vita, l’accettazione del destino che, se non si tramuta in amore, lascia solo tanta tristezza e malinconia.
Quest’anno qualcosa di grande, di imprevedibile e di toccante è successo. Gli studenti (come del resto tutti noi) hanno conosciuto un fatto epocale, che segnerà in modo indelebile una civiltà che era (ed è ancora) convinta di poter decidere della vita e della morte, di poter controllare e dominare il mondo e l’universo, di poter prevedere e anticipare gli eventi.
Il mondo e ogni uomo saranno segnati da questo, come una cicatrice impressa sulla pelle.
Ma ciascuno potrà ancora fingere di non vedere la cicatrice: alla Prima Guerra Mondiale è seguita la Seconda, tutta la storia è stata sfregiata da scontri, devastazioni e lotte per il predominio, proprio perché l’uomo sembra non essere disposto ad imparare. Se anche riconoscessimo che Historia magistra vitae, dovremmo, però, anche ammettere che esistono pochi studenti disposti ad imparare.
Nel mondo della scuola, in questi mesi di pandemia, se si fosse partiti dalla quotidiana esperienza dei Docenti che vivono a contatto con gli studenti, si sarebbero potuti evitare alcuni gravi errori.
Ne ricordiamo solo un paio.
L’improvvida ed esibita comunicazione offerta ad inizio aprile dal Ministero della pubblica istruzione su ogni canale di comunicazione, atta a rasserenare gli studenti, con l’annuncio che sarebbero stati tutti promossi, se non ha frenato gli studenti diligenti e motivati, ha senz’altro assopito e smorzato l’attività mal avviata di molti altri che hanno stentato con la didattica a distanza e che si sono sentiti rassicurati da parole inopportune.
Non è certo inadeguato che a fine anno si tenga conto della situazione vissuta, ma prima bisogna spronare in ogni modo a un lavoro e a una fatica anche nelle difficoltà. Così si temprano persona e carattere. In altro modo si detta la linea della deresponsabilizzazione e a nulla serve poi far ricorso alla parola serietà.
Altro grave errore è stato quello di dettare una nuova agenda degli esami che mostrasse come si potesse soprassedere alla maggior parte delle competenze che una scuola superiore avrebbe dovuto valutare in uscita.
Nell’esame di quest’anno - in cui in un’ora si sono valutate l’elaborato delle materie di orientamento della scuola, il commento di un testo di Italiano, i collegamenti al materiale proposto dalla commissione, il PCTO (quella che si chiamava fino a poco tempo fa Alternanza Scuola-Lavoro), Cittadinanza e Costituzione - dove sono finite le competenze e la cultura?
Soprattutto gli studenti comprendono bene cosa sia importante nel mondo degli adulti: di certo non la cultura, senza ombra di dubbio i soldi e il calcio. Più serio è il campionato di calcio... Bhà!
Davvero non si sarebbe potuto prevedere un esame tradizionale rimandando di alcune settimane l’inizio?
Tra qualche mese inizierà un nuovo anno scolastico. Regole chiare e precise, le date in agenda vanno dettate fin da subito, altrimenti a settembre si perderà tanto tempo prima di un regolare inizio. Nei mesi trascorsi molti processi educativi e di crescita umana dei ragazzi si sono interrotti.
Lo sa bene chi, oltre ad insegnare, ha potuto osservare la situazione anche come genitore, da un punto di vista per così dire privilegiato.
Oltre a compilare schede su quanto non è stato svolto o dovrà essere effettuato, mi auguro che possa avvenire una riflessione seria non solo su quanto gli studenti hanno imparato, ma anche su quanto a loro è mancato.
Che cosa è davvero essenziale in un rapporto educativo?
Che cosa non può mancare a settembre perché adulti e studenti possano davvero respirare a scuola e non vivere in trincea, anche senza lockdown, ne?